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La rigidità costituzionale è solitamente fatta corrispondere alla protezione normativa della costituzione dalle fonti inferiori. È sufficiente però prendere in considerazione alcune tra le più 'note' costituzioni rigide per comprendere come, pur all'interno di tratti comuni, le concrete tecniche di garanzia risultino disomogenee: ciò appare chiaro confrontando, per esempio, le ben diverse ragioni che giustificarono l'aggravamento della procedura nella Costituzione repubblicana del 1948 rispetto a quella statunitense del 1787; non di meno, anche Carte tradizionalmente classificate 'flessibili' - come le Chartes francesi del 1814 e del 1830 e lo stesso Statuto albertino - appaiono in realtà caratterizzate da una peculiare ma precisa componente di rigidità: il procedimento legislativo condiviso tra Corona e Camera dei deputati. In particolare, determinante si rivela il conflitto storico e sociale da cui ogni singola costituzione sorge, poiché proprio esso sembra plasmare il 'senso' della rigidità ed il suo effettivo operare. Uno studio così impostato è perciò opportuno: non solo per la possibilità di contestualizzare il significato della revisione, ma anche perché l'evoluzione dei conflitti che le costituzioni affrontano può richiedere un 'aggiornamento' della rigidità. L'obiettivo non è certo disquisire sulla definizione del concetto, ma interrogarsi sulla tenuta della prescrittività della Carta fondamentale, soprattutto innanzi al mutare delle condizioni che le diedero origine.